Le affabulazioni pittoriche di Mario Schifano, con particolare riferimento alle serigrafie polimateriche degli anni ’80 e ’90, qui in esposizione, traggono origine da una sorta di primordiale infanzia. Un’infanzia perdurante, in cui la semplicità dei tratti, la forza espressiva del colore, unite ad una gestualità immediata e spontanea, rappresentano una sorta di “antidoto” a quella fatica che il Piccolo Principe incontra nel dover spiegare tutto ma proprio tutto ai grandi, o almeno a coloro che tali si credono. “I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta.“
Non capiamo forse perché siamo presi dal ricondurre tutto alla solita logica “seria”, quella capace di spiegare ogni cosa, di conciliare ogni asprezza della vita e smussare ogni spigolatura della realtà. Ciò, a differenza del nostro Aviatore, che di fonte all’inspiegabile presenza ed all’insolito comportamento dello “strano viaggiatore”, é come costretto a riconoscere che: “Quando un mistero é così sovraccarico, non si osa disubbidire.”
Nel percorso espositivo, Saint-Exupéry e Schifano ci accompagneranno in un’avventura alla “ricerca di noi stessi” e del “piacere delle piccole cose”. L’uno attraverso i fantastici incontri con i personaggi in cui si imbatte, curioso ed impertinente, sempre carico di domande e mai pago di fronte all’ovvietà. Ogni volta stupito di come l’amicizia “addomestichi” gli uomini attraverso i legami, rendendoli con ciò unici ed irripetibili gli uni per gli altri.
L’altro mostrandoci una realtà che si presenta come se si stesse ogni volta originando di fronte a noi, lì in quel preciso istante. Ogni volta é una nuova nascita e dunque una nuova sfida. La realtà di Schifano nella sua semplicità lascia sempre aperto l’enigma sull’esserci delle “cose”. Sia che siano un Campo di Pane o dei Gigli d’acqua, delle Palme sotto un cielo stellato anziché un Viaggio verso l’infinito. Tutto ha inizio, e noi, al contempo dell’artista, siamo artefici dell’istante in cui la realtà si pone per quella che é, senza con ciò aver bisogno di interpretazioni e tanto meno senza doversi appoggiare a strane giustificazioni di valore. Vale per il semplice fatto di esserci. “Nell’elaborazione delle opere l’artista predilige l’uso di colori di produzione industriale per la loro capacità di conservare l’iniziale brillantezza e di asciugare con rapidità, consentendogli di dipingere l’immagine nell’attimo veloce della sua apparizione.”
Chiameremo ad accompagnarci in questo nostro itinerario, i testimoni di alcuni progetti sostenuti dalla Fondazione Comunitaria del VCO, veri e propri frammenti del gusto per il vivere e della passione per il bello. Schegge contagiose di quel “non arrendersi mai”, che rende la vita e la vita di chiunque, un’avventura sempre da scoprire, istante dopo istante.
Li chiameremo ad animare le affabulazioni materiche dell’artista romano, sin dentro le pieghe delle sue gocciolature, tra gli anfratti dei grumi materici e le stesure a piene mani di colori carichi di vitalità ed energia. L’amore per la fragilità dei dettagli e la precarietà dei gesti propri della pittura, si accomunano alla stravaganza di chi si presenta al Piccolo Principe mentre questi si avventura alla ricerca di uomini che vivano il “gusto della vita”. Li cerca per divenirne amico e lasciarsi addomesticare. Questo quando avviene spalanca il cuore e dona una percezione della realtà a tutto tondo, mostrandoci cose che diversamente non vedremmo neppure.
“E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me é inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo é triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che é dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…”
“Per favore addomesticami. Non si conoscono che le cose che si addomesticano.”